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NEL NOME DEL PADRE
(IN THE NAME OF THE FATHER)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 14 aprile 1994
 
di Jim Sheridan, con Daniel Day-Lewis, Emma Thompson, Pete Postlethwaite (Stati Uniti - Irlanda, 1993)
 
Come già si diceva a proposito del primo film di Jim Sheridan, IL MIO PIEDE SINISTRO, non bisogna che i punti forti - soggetto ed interpretazione - eclissino gli altri meriti del cinema del regista irlandese.

La scelta del soggetto costituisce certamente una ragione per non perdere un film di Sheridan. Autobiografie autentiche: dapprima quella di Christy Brown, infermo dalla nascita ed in seguito, con la sola mobilità del piede sinistro, pittore e scrittore di fama. Ora, quella altrettanto sofferta, ma forse ancora più allucinante, di Gerry Conlon e della sua famiglia, capri espiatori dell'isterismo antiterrorista nella Londra degli anni settanta, avallato da un sistema giudiziario - quello inglese - spesso citato per la sua esemplare efficienza e democraticità. I " Quattro di Guilford ": Gerry Conlon, suo padre Giuseppe e gli altri, ingiustamente accusati nel 1975 di un attentato che aveva fatto saltare un pub di Guildford, vicino Londra. Costretti dalla polizia con la violenza a confessare, e tenuti in prigione fino al 1989; quando una Corte di giustizia, grazie alla tenacia di un'avvocatessa (interpretata nel film da Emma Thompson) decreta finalmente la riabilitazione e la scarcerazione di Gerry Conlon, mentre il padre era nel frattempo morto in prigione.

Soggetti forti (tra le due opere, Sheridan ha girato THE FIELD, inedito da noi, nel quale l'inserimento ambientale - altro punto forte del cinema di Sheridan - da urbano si fa rurale; ma nel quale permangono le caratteristiche relazioni con i genitori), che sfociano naturalmente in interpretazioni fortissime, osmotiche: come definire altrimenti quelle dello straordinario Daniel Day-Lewis, così vero, così immerso nel proprio personaggio, da dimenticare ogni effetto, ognuno di quei calcoli interpretativi dai quale sono raramente assenti anche gli attori più esperti? Ma anche quelle di tutti gli altri personaggi, a cominciare dal padre, incarnato da uno degli attori preferiti di Terence Davies , l'indimenticabile Pete Postlethwaite di DISTANT VOICES.

Soggetti, interpretazioni: ma c'è dell'altro nel cinema di Sheridan. Storie di handicappati, storie di poveracci, ai quali capita una tal somma di disgrazie, di così immotivate punizioni da parere inverosimili. Ma il regista, forse perché proviene dalla drammaturgia teatrale e dalla sceneggiatura cinematografica, è marcato da una profonda disciplina, da un senso della progressione drammatica legata alla logica del racconto, dei personaggi. E mai dell'effetto patetico. Come dice il suo titolo, come nelle opere precedenti del regista, la struttura drammatica NEL NOME DEL PADRE si costruisce, si nobilita sul rapporto genitore-figlio: dapprima incosciente ed irresponsabile, Gerry intrattiene con il padre un rapporto conflittuale, che ne accentua le fragilità e l'inconsistenza. Fragilità psicologica, ma anche sociale, politica. I lunghi anni di prigionia in comune modificano progressivamente questa situazione: Gerry metterà a confronto la debole " bontà " del padre con la presunta virilità del vero terrorista autore dell'attentato, che egli conoscerà in carcere, e che dapprima darà l'impressione di una sua forza e coerenza. Da questo processo di maturazione il protagonista ne uscirà rafforzato, compiuto nella propria coscienza morale, nella riacquistata dignità, nella ritrovata identità: così, il ladruncolo di Belfast si è nel frattempo radicato nel mito, assume un valore simbolico ed universale, quello di tutte le lotte in nome della libertà e della giustizia.

Si è detto che il film era un ottimo pamphlet, una protesta efficace; ma non un film dalla scrittura esaltante. Da un'interpretazione del genere, da una ricerca ad ogni costo dello stile e della predominanza sul " messaggio " si può anche dissentire Basta riflettere un istante su come sarebbe stato un film del genere firmato da un regista alla Costa-Gavras: un pretesto continuo alla spettacolarizzazione. Non c'è invece un solo istante di NEL NOME DEL PADRE nel quale l'autore perda di vista l'individuo, il mondo e la causa in gioco, per abbandonarsi ad una qualsiasi speculazione spettacolare: perfettamente a suo agio nei momenti di azione giustificata (i tumulti per le strade di Belfast, filmati con grande efficacia, ad esempio ) che in quelli intimisti, il cinema di Sheridan riesce allora ad inserirsi nella storia dei suoi personaggi con la stessa giustezza ed emozione con la quale si iscrive in quella della sua epoca. È l'ambizione di molti artisti, ma il privilegio di pochi.


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